Domanda:
definizione di agenda setting, agenda building e advocacy?
2006-06-24 06:41:26 UTC
definizione di agenda setting, agenda building e advocacy?
Due risposte:
Boba
2006-06-28 16:51:10 UTC
AGENDA SETTING.

L'agenda setting nella teoria delle comunicazioni di massa è la scelta di temi da mettere in agenda, di cui parlare in un certo periodo.

Alcuni eventi eclatanti vanno in agenda da soli, come è il caso di guerre, atti clamorosi di terrorismo, delitti, calamità naturali.

Altri invece appaiono e scompaiono dai media in base a criteri a volte poco evidenti, come accede per certe notizie di colore o certe "leggende metropolitane".

Nella individuazione e definizione dei problemi, il concetto di agenda setting è un elemento importante, perché ci permette di mettere in agenda il nostro problema, di metterlo all'ordine del giorno.

Non solo dobbiamo essere capaci di scoprire un nuovo problema, e di definirlo correttamente come tale. Dobbiamo essere capaci anche di metterlo in agenda nell'ambito che ci riguarda: la nostra organizzazione, i clienti, i fornitori, i pubblici di riferimento, gli stakeholder.

L'agenda setting stabilisce le priorità dei problemi da affrontare. Alcuni problemi, ancorché ben definiti, restano irrisolti perché non trovano posto in agenda.



AGENDA BUILDING.

Come i diversi attori sociali partecipano insieme alla definizione dell’agenda (non ci sono solo i media).

Priming: i media definiscono i parametri con cui sarà giudicata la performance del presidente (es. Bush nel 1992)

Framing: i media definiscono la prospettiva con cui il pubblico interpreta una certa problematica sociale (es. la povertà).



ADVOCACY.

L’emersione dell’esplicitazione a livello normativo della tipologia del "volontariato di advocacy " è stata piuttosto lenta ed è aspetto normativo piuttosto recente.

Occorre innanzi tutto precisare il concetto di "advocacy" , che direttamente le norme non esplicitano; occorre quindi rifarsi alla prassi del volontariato che ha preceduto il riconoscimento normativo della apposita tipologia.

In Italia il termine "advocacy" è traducibile con quello di "tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione". In tal senso si parla esplicitamente di "volontariato dei diritti"( F.Santanera e Anna Maria Gallo " Volontariato" Ed. Utet 1998 p. 111 )

Le ragioni di questo ritardo, rispetto ad es. ai Paesi di diritto anglosassone, sono dovute alla visione individualistica della tutela dei diritti, fondata "sull’interesse personale ad agire in giudizio" ( in gergo giuridico, detto "legittimazione"), di derivazione romanistica ed assai dura a cedere spazio ad una visione più ampia e meno formalistica.

L’evoluzione verso la nuova visione è frutto di una lenta gestazione giurisprudenziale che ha portato al concepimento del concetto secondo cui l’interessato può farsi sostenere in un giudizio concernente la tutela dei suoi diritti anche da un’associazione, cui abbia conferito la delega a tal fine.

L’associazione non si sostituisce all’interessato, ma lo affianca " ad adiuvandum".

Un passaggio ulteriore si è avuto, quando sempre la Giurisprudenza ha riconosciuto la legittimazione ad agire ad associazioni che non promuovevano un giudizio per la tutela di interessi propri, ma di "interessi diffusi", cioè di tutta la collettività. La visione formalistica impediva di fatto la tutela di tali diritti, dal momento che nessun cittadino ne era titolare " individuale", né un’associazione poteva considerarsi titolare di tali interessi diffusi, che erano imputabili a tutta la collettività. Si pensi alla tutela di beni ambientali e paesaggistici, della salute pubblica, della libertà religiosa,e di tutte le situazioni giuridiche rientranti negli art 2 e 3 della Costituzione. La Giurisprudenza ha riconosciuto, non senza contrasti, che le associazioni, che per finalità statutarie perseguivano la tutela di tali beni, avevano legittimazione ad agire per ottenere l’interdizione di opere edilizie o di interventi lesivi dei diritti, che danneggiavano tali beni, costituzionalmente garantiti.

Altra ragione ostativa all’emersione del concetto di "advocacy" in Italia è stata la considerazione che la tutela di un interesse individuale o collettivo da parte di un soggetto diverso dal singolo interessato è compito dello Stato , che, nei casi di lesioni più gravi interviene tramite le azioni penali promosse dal Pubblico Ministero.

Anche su questo versante la vecchia concezione cominciò a mostrare delle crepe, grazie al crescente ruolo dei Sindacati, che forti delle deleghe ricevute dalle migliaia dei loro iscritti, cominciarono a premere con ricorsi sempre più frequenti sia per affiancarsi ai lavoratori nelle controversie individuali che li interessavano, sia per sostituirli in tutta una serie di pratiche concernenti atti amministrativi giuridici, quali riscossione di liquidazioni, pratiche per pensioni etc. Anzi da questa prassi nacquero gli Istituti di Patronato, che la L.n. 328/00 colloca nell’art 5, nel coacerbo dei soggetti del "terzo settore", accanto alle associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato etc.
2006-06-24 14:05:50 UTC
se e' cosi complesso il mondo delle agende .....................



non potro' fare mai la segretaria


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