credo sia una sensazione che, in modo più o meno forte, vivo quotidianamente considerando il fatto che spesso ciò che sono, e quindi il senso dell'essere, va a cozzare con ciò dovrei essere (perchè qualcuno o qualcosa lo richiede sotto forma di desiderio, esigenza imposizione e quant'altro) e quindi con il senso del dovere. questo scontro non è assolutamente voluto, a meno che non sia incosciamente voluto, ma nasce spontaneo dal mio modo di vedere e vivere la vita che è spesso diverso dalle persone, dalla cultura dominante e dalle istituzioni che mi circondano. premettendo che do più importanza all'essere piuttosto che al dovere aggiungo anche che, se fosse per me, darei sempre libero sfogo al senso dall'essere ma, purtroppo, ci sono vincoli che non me lo permettono di fare o che comportano un rischio, un prezzo, una rinuncia e quindi, comunque, un danno, inteso come una parte che viene meno, alla mia persona e così al mio essere. i principali vincoli di cui parlo riguardano: 1) le istituzioni e le sue leggi; 2) i sentimenti questi ultimi intesi in senso ampio come qualsiasi rapporto con le persone. purtroppo vivo in una società e, così, devo necessariamente rapportarmi con altre persone e con le istituzioni che sono, quindi, dei vincoli per il mio essere e di conseguenza per le mie scelte. per esemplificare quanto appena detto e distinguere i due casi, istituazioni e persone, ti pongo qui di seguito due esempi molto semplici e anche abbastanza banali:
1) a riguardo dei vincoli istituzionali: se il mio senso dell'essere mi porta a non voler indossare il casco mettendomi alla guida del motore perchè non mi importa di danneggiarmi una eventuale caduta o in eventuale incidente devo per forza farlo per legge a meno che non accetti le relative conseguenze previste dal codice della strada e, quindi, multa, sequesto del ciclomotore e quanto altro. a quel punto non ho molta scelta e, anzi, ne ho soltanto due o indossare il casco e quindi dar ragione al senso del dovere pagandone il prezzo come venir meno al mio senso dell'essere oppure non indossare il casco dando ragione al mio senso dell'essere ma pagondone il prezzo con il rischio, e quindi qualcosa che si può realizzare, di poter incorrere in una contravvenzione. a quel punto che faccio? effettuo la mia scelta considerando, appunto, i prezzi da pagare nei due casi e agendo secondo quello che ritengo sia più conveniente a me. trovarmi diviso tra il senso dell'essere ed il senso del dovere in rapporto con le istituzioni è per me qualcosa che non mi causa molti problemi in quanto, essendoci delle leggi scritte ben precise, io so già a cosa vado incontro se do sfogo al mio senso dell'essere o al mio senso del dovere e, quindi, è per me facile distracarmi in questi casi.
2) a riguardo dei vincoli sentimentali (e quindi del rapporto con le persone): il mio senso dell'essere mi porta, in un determinato momento, a voler chiamare mia sorella, a cui voglio bene, che sta a lavoro. le dinamiche vincolanti (e quindi i possibili prezzi da pagare) in una situazione del genere, seppur banalissima, sono tantissime e proprio per questo, di seguito, ne citerò solamente alcune. se do ragione al mio senso dell'essere e la chiamo posso incorrere in molteplici rischi che possono, quindi, portare a molteplici prezzi. ad esempio:
- sta lavorando e quindi non posso parlarle; in questo caso il prezzo è il fatto di non poterle parlare ma, non è neppure un prezzo carissimo, in effetti, in quanto lo riterrei onesto per aver dato ragione al mio essere.
- sta lavorando, la mia chiamata la disturba, si arrabbia e non posso parlarle. in una eventualità del genere il prezzo è già più alto perchè lei si arrabbia ed io, volendola bene, ci rimango male sia del fatto che non posso parlarle ma, questa volta, anche dell'aggravante del sentimento di rabbia che le ho fatto scaturire e che magari ha anche rivolto contro di me.
- è libera in quel momento e parliamo. questa, ovviamente, è l'eventualità ideale dove non vi è alcun prezzo da pagare in quanto soddisfo il mio voler essere senza pagare alcun costo.
se do ragione al senso del dovere ovvero quello di non chiamarla in quel determinato momento visto che sta a lavoro, nonostante la mia voglia di sentirla, il prezzo da pagare è sicuramente quello di venir meno al mio senso dell'essere. cosa faccio in queste situazioni? sicuramente devo effettuare un'analisi molto più accurata considerando i vari rischi cui posso incorrere se mi affido al mio senso dell'essere e, anche, se e quanto sono disposto a pagarli quei rischi oppure quanto mi costerebbe, a livello di rinuncia al mio essere, se mi affidassi al mio senso del dovere. quello che voglio dire è che nei rapporti con le persone è per me molto più difficile riscire a districarmi tra senso dell'essere e senso del dovere. proprio per questo, per le innumerevoli e imprevedibili variabili (basti considerare, ad esempio, quanto sia imprevedibile una variabile come l'umore), spesso trovandomi a dar sfogo al mio essere incappo in situazioni poi sgradevoli che magari, col senno di poi mi fanno pentire di aver dato ragione, in quel momento, al mio essere piuttosto che al senso del dovere. dall'altro canto però c'è anche da dire che sono una persona molto impulsiva che nella non azione trova spesso un costo troppo alto da pagare e, quindi, sono spesso, per carattere, portata ad agire affidandomi al mio senso dell'essere, cui do molta più importanza rispetto al mio senso del dovere. solo che, quando accade questo, anche trovando piacere sia nell'azione, che per me è fonte quasi indispensabili di energia, sia nel dare sfogo al mio essere, le conseguenza di tale azione a volte sono troppo alte e mi fanno pentire di aver agito e dato adito al mio essere. con ciò non voglio dire che non sono disposto a rischiare ma solo che a volte il rischio, e la percentuale che dalla mia azione si presenti la conseguenza peggiore, è difficilissima da calcolare quando ho a che fare con le persone. ci sono molti fattori che possono facilitarmi questo calcolo quali il livello di conoscenza che ho di quella persona. proprio per quanto detto poco sopra, però, spesso mi sento con le mani legate ("my hands are tied" come cantava axel rose in "civil war"), paralizzata dalla paura di agire per paura delle conseguenze e, così, come in un circolo vizioso o in un limbo, mi trovo a star male per la non azione ma allo stesso tempo ne do sfogo al mio senso dell'essere ne al mio senso del dovere e, per quanto mi riguarda, questa è una delle sensazioni che più odio e, forse, proprio per questo spesso preferisco agire senza pensarci più di tanto e infatti devo ammettere anche che io, come ti dicevo, sono molto impulsiva e il mio senso dell'essere prende spesso il sopravvento sul senso del dovere. metaforicamente parlando io di solito dico che ragiono col cuore (che lo considero fonte dei sentimenti) e con l'anima (che la considero fonte delle sensazioni e delle emozioni), che insieme ritengo formano il mio io, piuttosto che con la testa/ragione (che la considero come fonte di senso del dovere). ovviamente quanto detto è tutto metaforico. rispondendo al tuo quesito mi è venuta in mente una domanda fatta qualche giorno fa da un'amica che chiedeva qualcosa come: quando è dove potremo essere veramente noi stessi? la risposta avuta a quella domanda fu qualcosa del tipo: quando vivremo da eremiti (quindi in isolamento e lontani dalla società). risposta, secondo me, molto vaga e poco valida e quindi poco veritiera. se, allora, fossi una persona che per essere me stessa ha bisogno di stare in mezzo ad altre persone? la vita da eremita non risolverebbe il problemi in quanto sarei limitata dall'isolamento. se, allora, fossi una persona che per essere me stessa ha bisogno di volare perchè è quello che vuole il mio senso dell'essere? anche in questo caso la vita da eremita non mi risolverebbe il problema in quanto sarei vincolata dal mio corpo che non mi permette di volare. e quindi quando e dove si può essere davvero se stessi senza avere problemi di sentirsi divisi tra senso del dovere e senso dell'essere ma neppure di altri vincoli alcuni? bèh, credo che soltanto nei nostri pensieri e nei nostri sogni (quelli ad occhi aperti) posso (e possiamo) davvero realizzare ciò.
Vαlerie.